martedì, novembre 06, 2007

Molto più a Occidente di voi

Post originale tratto dal blog Kelebek di domenica, 31 luglio 2005
Su un newsgroup di Usenet, alcune persone hanno definito questo blog "delirante", e qualcuno mi ha anche invitato ad andarmene "in Siria o in Pakistan", visto che - secondo loro - non mi piacerebbe abbastanza l'Italia.

Siccome mi piace trasformare il bene in male, ho colto l'occasione per chiarire alcune cose e ho scritto queste righe.

La mia posizione può essere "delirante" o meno, comunque spero che sia almeno chiara.

Se perdiamo di vista il quadro generale, finiamo per non capirci più nulla.

Da cinquecento anni è in corso la guerra dei forti contro i deboli. Non dico dei "cattivi" contro i "buoni", perché non do giudizi morali; parlo di rapporti di forza. Non parlo di "occidente" o di "oriente", perché credo che siano termini quasi senza senso, e le prime vittime di questa guerra sono state proprie in "Occidente"; e poi il Venezuela non è certo all'est di nessuno...

Prendo atto che una parte del mondo, grazie ad "armi, acciaio e malattie" (per citare Jared Diamond), conduce una guerra di dominio e di saccheggio contro tutto il resto del mondo. C'è una continuità che va dalle conquiste di Pizarro alle guerre dell'oppio, dallo sterminio dei nativi nordamericani alla totale distruzione della città di Falluja appena pochi mesi fa.

Che questa guerra vi sia è un dato ovvio, lampante, per la grande maggioranza dell'umanità.

Solo i dominanti si arrampicano sugli specchi per razionalizzare, con le giustificazioni più varie, che vanno dalla diffusione della "vera religione" alla diffusione della "vera democrazia".

Gli italiani-brava-gente sterminarono un terzo della popolazione libica tra il 1911 e la metà degli anni '30; ma se guardate le trionfalistiche oscenità con cui hanno giustificato il massacro, troverete lo stesso misto di autoesaltazione, di "missione morale" e di denuncia della "barbarie" dell'altro che potete sentire tutti i giorni nei telegiornali nostri.

In questa guerra, ognuno si difende come può. E siccome non è una guerra dei "buoni" contro i "cattivi" o viceversa, anche i deboli possono essere assai cattivi.

La rivoluzione di indipendenza messicana (1810-1817) fu accompagnata da orrende stragi di spagnoli.

Noi possiamo vedere in questo solo la "mostruosità" degli indios, la loro "intrinseca barbarie", o possiamo cercare di capire quello che è successo alla luce di tre secoli di asservimento.

Rendersi conto di questo, ascoltare le voci degli indios, non vuol dire "esaltare" l'uccisione di donne e bambini che accompagnava spesso il percorso degli insurgentes.

Ma vuol dire capire, e non cadere nella barbarie di segno opposto, che all'oppresso non nega solo la vita, ma anche il suo urlo di violenza.

Oggi è in corso una guerra planetaria per sottomettere gli ultimi angoli del mondo, che abolisce contemporaneamente le fondamenta dello stato di diritto nella "nostra" parte del mondo; e questo ne fa un problema serio anche per il cosiddetto "Occidente": nella misura in cui aderisce alla guerra contro il resto dell'umanità, uccide il proprio illuminismo e i valori di libertà, uguaglianza e fratellanza.

In questa guerra, c'è una parte che detiene il controllo totale della tecnologia, con annesso controllo di tutte le comunicazioni tra le persone. Non esiste quindi un'altra "parte", in grado di organizzarsi e decidere una strategia coerente.

Esistono innumerevoli individui e piccoli gruppi, che reagiscono come possono. Alcuni, che hanno la fortuna di starsene in una comoda casa civile, con connessione a internet e senza bombardamenti sulla testa, scrivono; altri - se riescono - tirano giù dal cielo gli elicotteri che mitragliano i loro villaggi.

E' inevitabile che anche negli scantinati di Londra ci siano persone che prendono decisioni per conto proprio. Secondo il loro carattere, alcuni scriveranno un volantino. Altri partiranno volontari per l'Afghanistan o l'Iraq. Altri ancora potranno decidere di farsi saltare in aria nella metropolitana, uccidendo dei poveri disgraziati.

Non possiamo mai prevedere quali potranno essere le maniere di reagire, perché dipendono da fattori individuali insondabili.

Né una causa giusta implica che chi la sceglie (o è costretto a sceglierla) sia una persona giusta, né che usi metodi giusti.

I ribelli Boxer che in Cina uccisero numerosi missionari assieme alle loro famiglie, avevano una memoria diversa dalla vostra.

Nelle loro teste c'era la distruzione del loro paese da parte degli inglesi, l'incendio della capitale, l'introduzione militarmente imposta dell'oppio e dei prodotti industriali inglesi che avevano portato alle tremende carestie di fine Ottocento in cui morirono alcune decine di milioni di cinesi; e l'impunità giuridica dei missionari era il simbolo più offensivo di questa violenza.

Ovviamente, gli occidentali che fecero una strage dei ribelli parlarono molto delle atrocità (vere) commesse dai Boxer, e non dissero nulla di tutto il resto: nessuno doveva permettersi di "offendere la memoria" dei missionari morti citando le ragioni dei Boxer.

Proprio perché delle ragioni dei Boxer non si poteva parlare, la Cina ha poi conosciuto la rivoluzione comunista. La realtà si può nascondere sotto il tappeto, ma continua ugualmente a esistere.

Per questo, io rivendico il diritto di far sentire le voci dei Boxer e quelle degli insorti messicani, e di tutti gli insorti (anche quelli "occidentali", come i 20.000 "briganti" fucilati in Italia dai savoiardi, nel nostro piccolo Iraq terrone).

Non sono le mie voci, sono le loro. La maggior parte dei post che sollevano reazioni indignate, su questo blog, sono infatti citazioni integrali di testi altrui.

Potete ascoltarle, oppure potete farvi grossi tappi per le orecchie con tutti gli editoriali di Vittorio Feltri o i volantini elettorali di Francesco Rutelli, sono affari vostri e scelte vostre.

Ma se non volete capire, abbiate l'onestà di riconoscere che avete scelto lo spirito della guerra. Il primo sintomo dello spirito di guerra è la perdita della capacità di ascoltare e di ragionare: è da lì che nascono tutti i mostri.

Chi mi invita ad andare in Siria o in Pakistan evidentemente non sa che ho già un altro paese, che si chiama Messico.

Dove l'80% della gente pensa esattamente le cose che voi ritenete "deliranti". Anzi, le ritiene ovvie.

E stanno anche molto più a Occidente di voi.

"Quien se hace gusano, que lo pisen".

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