domenica, ottobre 28, 2007

"Sta bene come uno che sta tra leoni"

Post originale tratto dal blog Kelebek di lunedì, 25 luglio 2005

"Dopo l'attentato a Taba, [il regime egiziano] indicò come esecutori materiali alcuni beduini. Per risposta ne mise a ferro e fuoco l'intero villaggio, incarcerando e torturando (lo rivelò un rapporto di Human Rights Watch ripreso su queste pagine) quasi tremila persone, tra cui donne e anziani."

Gabriele Romagnoli, "Le porte dell'inferno", Repubblica 25.07.05

Quando vivevo in Egitto, non riuscivo a capire come la gente potesse venirci senza avere alcun interesse a vedere l'Egitto.

Come se i cinesi venissero a Roma solo per fare un tour dei ristoranti cinesi.

Provai la stessa cosa alcuni mesi fa, in un'agenzia, quando chiesi un biglietto aereo per il Messico.

"Città del Messico o Cancun?", mi chiede il commesso, come se fosse una cosa ovvia.

Superato lo choc, capii.

Esistono due Messico, uno vero e l'altro finto; o meglio, l'altro, un pezzo d'Italia incistito nel Messico.

Sharm el-Sheikh, innanzitutto, è il nulla: rocce su una costa brulla, così brulla e misera che i rari uomini che vi pescavano non sono nemmeno riusciti a inquinarla.

Dietro, la fame, qualche oasi di badawi, i "beduini", il silenzio dei monaci cristiani. Il cielo, l'aria, la morte e Dio, sul suo monte.

Vent'anni fa, giravo per una meravigliosa salina abbandonata in Sicilia, tra gli aironi. Tra breve sarebbe stata trasformata in un gigantesco termitaio turistico. La vogliono, mi dicevo, perché non l'hanno ancora violentata; ma quando le avranno rubato anima, dove andranno?

Sharm el-Sheikh è la risposta. La frontiera dell'Occidente, come la frontiera del West, che tutto divora, ha superato le frontiere politiche: andare a Sharm el-Sheikh, anzi a Sharm, richiede più o meno lo stesso tempo e la stessa spesa che andare al Gargano. E se il Gargano è Italia, lo è anche Sharm.

Nasce così una delle innumerevoli fortezze della globalizzazione.

Come le colonie israeliane, come le città private americane, come i centri commerciali, come i centri di permanenza temporanea, come le immense piantagioni armate del Guatemala, come le caserme americane con le loro discoteche e riserve di whisky nel deserto iracheno, come gli alberghi grattacielo, come i ghetti degli immigrati.

Ognuno specchio dell'altro, ognuno con guardie e muri giganteschi per includere chi va incluso, ed escludere chi va escluso.

Le guardie questa volta sono l'intera, sterminata folla dei figli dei contadini dell'Alto Egitto, con i loro volti ingenui e sorridenti, le loro divise strappate, con ancora sulle spalle i segni della frusta, tengono tra le mani la frusta del nuovo Faraone.


"Il contadino si lamenta continuamente,

la sua voce è roca come il crocidare del corvo.

Egli è sfinito dallo stare nel fango,

i suoi abiti sono stracci e cenci.

Sta bene come uno che sta tra i leoni;

malato, giace sul suolo umido."


(Satira dei mestieri, Medio Regno egizio, 2150-1750 a.C.)

Ma in fondo anche a Nassiriya, è una squadra di mercenari filippini che protegge i nostri ben retribuiti parà.

A Sharm el-Sheikh sono visi scuri a servirci, ma guardate nei bassifondi e nelle pieghe di Padova o di Roma, di Napoli o di Torino: il viso del servo è torvo e tenebroso.

Sharm el-Sheikh è la scuola invisibile che spezza le classi e crea le caste.

Il nonno, bracciante lucano, con una miseria di cose e una ricchezza di racconti e riflessioni che lo rendeva così simile ai contadini egiziani.

Il padre, operaio e comunista.

La figlia, commessa, precaria, incerta.

Lei però può permettersi la gita a Sharm, Las Vegas dei poveri. L'ebbrezza di una seducente pelle bianca - Sherif nel suo blog ha trattato con magistrale ironia il tema delle "sharmate" italiane -, tassisti, cuochi, guardie... Anche lei, illusa di farsi un giro sulla giostra d'Occidente.

Guardie, guardie, guardie che le nascondono per sempre la visione di un villaggio raso al suolo e dai visi dei suoi abitanti torturati e assassinati.

Ma finché il villaggio della finzione e il villaggio della verità non si incontreranno, resteremo tutti senza volto.

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