sabato, novembre 10, 2007

"Come la moglie cinese bastonata..."

Post originale tratto dal blog Kelebek di venerdì, 09 settembre 2005
Chiusa la scuola islamica di Via Quaranta, a Milano, "per motivi igienico-sanitari". Quali siano questi motivi di igiene, lo spiega senza giri di parole, Filippo Penati, presidente della provincia di Milano, in un'intervista oggi a Repubblica:

"Perché la scuola di via Quaranta va chiusa?"


"Perché promuove separatezza anziché integrazione".


Sempre su La Repubblica di oggi, lo stesso ministro Pisanu spiega così perché il signor Bouriqui Bouchta è stato prelevato e deportato alle 4 di mattina:

"Bouchta è come la moglie cinese del proverbio che è stata bastonata e lei sola sa perché. Non è stato espulso per la sua biografia ma perché polizia e intelligence hanno circostanziato sospetti contro di lui. La marmellata nelle sue mani c'è anche se non si vede."

Difficile spiegare in termini più chiari l'essenza dell'arbitrio totalitario e la fine della democrazia. Proprio per questo, non si riesce a immaginare parole più padronali, più spaventosamente umilianti nel confronto del loro oggetto.

Intanto, il Polo chiede l'immediata espulsione del direttore del Centro Islamico di Bologna, Nabil Bayoumi. Trattandosi di un cittadino italiano residente a Bologna, il termine corretto non è espulsione, bensì esilio.

Ecco, sempre da Repubblica, le frasi che Nabil Bayoumi, cittadino italiano, avrebbe detto, per meritare l'esilio. Frasi estrapolate da una lunga intervista, dove il cialtrone di turno evidentemente non ha trovato nulla di più "grave":

"Un soldato che va a morire diventa un kamikaze, se succede 'dall'altra parte' è invece un eroe.

Terroristi? sono quelli che vogliono togliere diritti a un popolo, come gli americani, non quelli che lottano per difenderli. Ho il sacrosanto diritto alla mia autodifesa. Questa è una guerra, una guerra contro l'Islam".


Nel caso di Bouchta, abbiamo una persona colpita "lui solo sa perché". Nel caso di Nabil Bayoumi, la colpa consiste nel dare una diversa narrazione di eventi che avvengono in un altro paese. Cioè di aver tradito la rappresentazione ufficiale del conflitto iracheno, accanto alla quale nessun'altra è permessa.

Ma il divieto e la punizione arbitraria di narrazioni alternative è stata l'essenza stessa dell'Inquisizione e di tutte le forme di controllo sociale che in seguito ne hanno preso spunto.

Se esiste il rischio che qualcuno faccia saltare in aria la metropolitana di Roma, è bene tenerlo d'occhio in tutti i modi. E se viene colto a comprarsi esplosivi, gli si diano tutti gli anni previsti di carcere.

Ma con la scusa di fare questo, stanno facendo qualcos'altro, che non c'entra niente. Nessuna delle persone espulse o espellende o indagate o minacciate è accusata di mettere in alcun modo in pericolo la sicurezza degli italiani. Non sono nemmeno sospettate.

L'accusa è sempre e solo di avere espresso posizioni nette su ingiustizie commesse altrove, e di sostenere il diritto alla legittima difesa, cosa peraltro prevista, credo, in qualunque codice di legge.

Ora, se qualcuno sostiene una causa giusta, ma rischia di finire in galera in Italia, o torturato in Tunisia, per il fatto di esprimere il suo punto di vista, non è che smetterà di credere di avere ragione.

Semplicemente, se prima era cosciente che vi erano ingiustizie in Palestina o in Iraq, oggi aggiungerà che ci sono ingiustizie anche in Italia.

Parlare di "integrazione" in questo contesto è una falsificazione. Perché quello che conta di più è il ruolo sociale delle persone, e la nostra società diventa sempre più una società basata su caste etniche. E chi fa certi lavori, o guadagna solo certe somme, finirà necessariamente per vivere solo in certi quartieri.

Qualcuno ha detto una frase che suona più o meno così:

"Cercavamo braccia e sono arrivati uomini".

E gli uomini sono una miscela complessa, che prima o poi reagisce sempre all'umiliazione, come fecero i contadini messicani che se ne stettero buoni buoni per trecento anni e poi agli inizi dell'Ottocento sgozzarono tutti i loro padroni. E ovviamente tra i cadaveri c'erano anche quelli degli indios che continuavano a formarsi nell'immagine che di loro avevano i loro padroni: i campesinos moderati, diremmo noi oggi, che dicevano sempre, si señor.

Questa generazione chinerà la testa, per fame e per paura.

Ma quella successiva, cresciuta in quei quartieri, con un sistema sociale che somiglierà sempre di più a quello in vigore a New Orleans, si legherà al dito tutte le ingiustizie subite.

Non sarà una grande consolazione, ma almeno sappiamo già adesso chi sono i colpevoli degli orrori che succederanno allora.

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