sabato, ottobre 27, 2007

Nel piccolo stagno dei rospi

Post originale tratto dal blog Kelebek di mercoledì, 20 aprile 2005
Qualche giorno fa mi sentivo un alieno in un vasto lago di coccodrilli che piangevano rumorosamente per la dipartita di Karol Wojtyla.
Oggi mi sento ugualmente un alieno, nel piccolo stagno dei rospi che piangono per l'elezione di Ratzinger. Certo, è un piccolo stagno, la maggior parte delle persone fanno come Roberto Castelli, 58 anni e con figli, che ha appena sposato Sara Fumagalli, 33 anni, con un figlio pure lei.
Finora la loro convivenza, presumo successiva a vari divorzi, era stata legittimata solo da un "matrimonio celtico". Di divorzi, riti paganeggianti, convivenze e risposamenti non me ne potrebbe importare di meno, se Castelli non fosse stato il primo politico italiano in assoluto a congratularsi con Ratzinger: "contro il pensiero unico del relativismo etico, un grande Papa". Sappiamo tutti che relativismo etico è una parola in codice per parlare proprio di divorzi e affini.

La lamentela (nel piccolo stagno) la conoscete tutti - Papa reazionario, ritorno al Medioevo, peggio di Pio XII e così via. A parte il banalissimo fatto che Ratzinger era già il Papa a tutti gli effetti da diversi anni a questa parte, e quindi cambia poco, qualche commento ci vuole.

Chi fa questi discorsi si basa sulla definizione dei media: "conservatore" nei momenti generosi, "inquisitore" nei momenti cattivi. I media infatti tendono a dare etichette alle persone, e poi rappresentare tutto come uno scontro tra questi uomini-etichetta. Vi ricordate il falco Rumsfeld contro la colomba Powell, come spiegazione autosufficiente della guerra imperiale? Queste etichette hanno fatto poi comodo anche al Vaticano, per porre in risalto la figura del "grande" Karol Wojtyla, al di sopra delle parti.

La personalizzazione, tipica del sistema dello spettacolo, ci risparmia la fatica di analizzare i ruoli: Rumsfeld doveva fare direttamente la guerra, Powell doveva convincere anche gli altri a fare la guerra; ma sempre di guerra si trattava. Mentre altri avevano il compito di sorridere alle folle, Ratzinger aveva il compito ugualmente importante di definire i confini dell'istituzione; ma i suoi documenti, così duri (per non dire ossessivi) contro vari tipi di relazioni affettive tra persone, non sono certo passati senza l'approvazione di Wojytla.

Così al posto del Papa Buono e del Papa Grande, adesso abbiamo il Papa Severo, ma nessuna analisi di cosa sia il Vaticano, che è una questione molto più interessante. In questo annullamento della riflessione, non c'è differenza sostanziale tra Bruno Vespa e Liberazione.

In questi giorni, i laicisti sembrano essere caduti in pieno nella trappola mediatica: con i funerali di Wojtyla, il Papa dei cattolici è diventato il Papa dell'intera specie umana. Il cattolicesimo ha smesso di essere un particolare culto di Dio, per diventare il culto planetario di Karol Wojtyla. E quindi anche l'ateo più incallito si sente coinvolto dalla domanda, "chi sarà il nostro Papa?" Ora, Ratzinger non è il mio Papa, perché non ho papi. Le stesse persone, in massima parte di sinistra, che oggi si lamentano dell'elezioni di Ratzinger non avrebbero nulla da ridire su chi viene eletto dal congresso di Alleanza Nazionale.

I laicisti confondono almeno tre questioni diverse: la cosiddetta "morale", la dottrina e la politica.

La Chiesa cattolica ha il diritto di ritenere che vadano all'inferno gli omosessuali, i mangiatori di carne Simmenthal, i divorziati, le persone che si tingono i capelli di blu, i messicani o i consumatori di anticoncezionali. Chi nega alla Chiesa tale diritto non è un laico, ma vuole uno Stato etico che prenda il posto delle religioni, e religioni che prendano il posto dei servizi sociali.

Il problema sorge quando la Chiesa smette di parlare di inferno e parla invece di "natura". E' un'idea filosofica antica e legittima, che non ha assolutamente nulla a che vedere con quello che intendono per "natura" i lettori di Focus. Solo che oggi il Vaticano gioca con l'equivoco per far capire che la monogamia o l'eterosessualità sarebbero come l'acqua pulita, e il loro contrario sarebbe come il piombo nelle falde acquifere. E quindi un problema di tutti. Mentre le argomentazioni teologiche in materia hanno una loro dignità, questo argomento non regge a trenta secondi di ragionamenti, e quindi può essere sostenuto unicamente grazie a una combinazione di ottusità e di malafede.

Con questa scusa, la Chiesa pretende di interferire anche nella vita personale di chi non si identifica con la Chiesa. Chiaramente questa interferenza è resa possibile proprio da una modalità decisamente modernista della Chiesa, che non parla più di significati profondi, ma solo di un presunto bene della società. Questa interferenza va respinta con forza, non perché "medievale", ma semplicemente perché indebita (almeno finché la Chiesa continuerà a farsi dare l'otto per mille). E perché omosessuali, divorziati e tutti gli altri hanno tutto il diritto di difendersi dall'intrusione di qualcosa in cui loro stessi non credono.

Per quanto riguarda la dottrina, esistono molte persone che sono nate cattoliche e che oggi hanno fatto altre scelte. Anziché rendersi serenamente conto di essere ormai altrove, molte di loro pretendono che la Chiesa li segua sulla loro strada. Cosa che il clero è spesso prontissimo a fare, pur di non perdere gregge. Dimenticando che il cattolicesimo è sostanzialmente la concretizzazione (anche liturgica) di uno straordinario racconto mitico che parla di:

peccato originale - redenzione dal peccato tramite il sangue del Dio incarnato - sacramentalizzazione del sangue e del corpo di Cristo - gestione dei sacramenti da parte di un'istituzione gerarchica che possiede le chiavi del paradiso e dell'inferno

Se il cattolicesimo venisse ancora raccontato così, rimarrebbero in pochi (certamente Castelli e Vespa non ci starebbero). Allo stesso tempo, se si rinnega questo racconto, resta solo una carcassa morta, pullulante di scout, proprietari di scuole private e papaboys.

Wojtyla è riuscito a sfuggire a questo dilemma con la geniale nullità dei suoi discorsi. Ratzinger forse cercherà una maggiore definizione. Ma chiaramente, un laico dovrebbe essere più contento, più si autodefinisce la Chiesa.

Chiaramente la dottrina, come la liturgia, è un fatto del tutto interno alla Chiesa, e non vedo perché chi non c'entra niente, e chi non ne capisce almeno un po' la logica, debba farsene giudice.

L'ultimo punto è quello politico. La Chiesa cattolica postconciliare cerca di imporsi non come detentrice di verità o di sacramenti, ma come coscienza buonista del pianeta, come custode della "vita". E' talmente buona e vaga che tutti devono riconoscere nel Papa qualcuno meglio di loro: il Nonno del Mondo, insomma. Da qui deriva l'insinuante potere di benedizione, con cui il clero oggi volge verso di sé tutto il volgibile. Come dice il Tao Teh King:


Chi conosce la propria forza virile,
ma conserva la propria debolezza femminile,
come verso un unico canale fluiscono i molteplici scarichi,
tutti vengono a lui, sì, tutti, sotto il cielo.

Da questa vaghezza benedicente che caratterizza la Madre Chiesa, deriva anche la possibilità di interferire nella micropolitica concreta; ma mai fino al punto di definirsi, perché a quel punto il potere avvolgente e insinuante cesserebbe di esistere. Quando, misteriosamente, la sinistra rifiuta di impegnarsi nei referendum sulla procreazione assistita, o quando, altrettanto misteriosamente il 70% degli abitanti della Basilicata - regione che non ha certo tradizioni storiche di sinistra - decide di votare per l'Unione; ecco, allora si percepisce "come verso un unico canale fluiscono i molteplici scarichi".

Ma l'accusa mossa a Ratzinger è precisamente quella di definizione. Se l'immagine mediatica di Ratzinger è esatta, e se non ci siamo lasciati ingannare semplicemente dai ruoli, si deve dare ragione a Helena Velena quando afferma:


"Oggi e' un grande giorno di festa per tutte le creature libere. Un giorno di festa per chi non sopporta l'ipocrisia, la menzogna velata."

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